Un Incontro Speciale con una Famiglia……………Siriana

img 2193  Corridoi umanitari: la prima famiglia siriana, “un momento molto emozionante”

Sabato 1 Aprile la nostra comunità parrocchiale si è stretta nell’accoglienza e in un abbraccio fraterno attorno ad una famiglia siriana rispettivamente di 6 persone, tra cui 1 bambino e 3 adolescenti. Vengono da Dar’a, in Siria e da tempo erano rifugiati nel campo profughi di Za’atari in Giordania. 

Sono stati portati in Italia per aiutarli ad affrontare gravi problemi di salute. E’ fra alcune famiglie appena arrivate in Italia grazie all’operazione di resettlement (reinsediamento) voluta e finanziata dalla Conferenza episcopale italiana con i fondi 8×1000, a cui prende parte la Caritas italiana, nell’ambito del programma gestito dal ministero dell’Interno (resettlement e corridoi umanitari sono entrambi canali umanitari). La Caritas diocesana di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo nell’ambito del progetto “Protetto. Rifugiato a casa mia” li ha portati a San Giovanni Rotondo. Alcuni andranno in ospedale per le cure , grazie alla collaborazione con la “Fondazione centri di riabilitazione di Padre Pio” e la “Casa Sollievo della Sofferenza” per iniziare le analisi e le visite, gli altri saranno ospitati in piccoli appartamenti con l’aiuto di alcune famiglie delle comunità parrocchiali.

“E’ stato un momento molto emozionante. All’inizio con un po’ di titubanza da parte loro ma appena ci hanno visto si sono rassicurati. Si è un po’ sciolta la tensione del momento e si sono rasserenati. Sono stati accompagnati da don Luciano Vergura, direttore della Caritas diocesana e da Angela Cosenza coordinatrice del progetto. Per parlarci c’era l’interprete Alessio.

Come comunità siamo felici di iniziare questo percorso insieme ai nostri fratelli siriani e altri profughi che tanto stanno soffrendo nel loro Paese martoriato dalla guerra e che sono accolti numerosi nei campi profughi della Giordania. La Caritas italiana ricorda che la situazione dei profughi siriani in Giordania è drammatica e per il conflitto in atto non vi sono ancora prospettive concrete di soluzione e i negoziati incontrano varie resistenze.

A chi arriva, noi, come uomini e donne prima ancora che come credenti, dobbiamo dare anzitutto aiuto e accoglienza. Questo nonostante un certo malumore che si respira in alcune frange della politica e della società che non vorrebbero assolutamente sentir parlare di immigrazione e speculano su questo dramma sottolineandone solo gli aspetti problematici. Vanno contrastati gli stereotipi, come il fatto che alcuni immigrati siano coinvolti in episodi di criminalità. Episodi che, va detto, risultano del tutto minoritari. Oppure, l’associare i migranti ai terroristi, quanto sappiamo bene che i terroristi non arrivano sui barconi, perché purtroppo hanno ben altri mezzi. L’opposizione molto dura che tutti riceviamo è frutto di una grande paura. Guardiamo invece alle storie positive: proprio oggi stiamo dando accoglienza ad alcune famiglie tra cui questa famiglia dei campi profughi della Siria.

Il papà racconta che la guerra era l’unica compagna, notte e giorno, estate e inverno, senza scampo perciò non restò che fuggire dalla Siria e provare a sopravvivere nei campi profughi della Giordania, per tetto una tenda di plastica e legno, per pavimento il fango. Abbiamo resistito nel campo in attesa della pace, che non è mai tornata, poi capimmo che l’unica strada sarebbe stata salire anche noi sui barconi, ma avevamo paura ad attraversare il mare con i bambini... Se non lo abbiamo fatto, è solo grazie a quei ragazzi italiani che vivevano lì come noi in una tenda e ci chiedevano di sperare, ci davano coraggio e protezione, ci davano tutto. Finché un giorno al campo profughi vennero altri italiani loro amici e ci dissero una cosa difficile da credere: io, i miei figli potevamo lasciare la Giordania senza affidarci ai trafficanti e affrontare la traversata, in Italia saremmo arrivati grazie a una nuova cosa che chiamavano "corridoio umanitario". Era vero! Dopo anni dormivamo di nuovo in un letto! Ma la cosa più importante è che oggi in mio figlio malato si è riaperta la speranza di potersi curare e ritornare a una vita tranquilla.

Una famiglia musulmana aperta al dialogo e all’accoglienza, disponibile anche il Giovedì Santo a vivere con noi il gesto della lavanda dei piedi, a farsi lavare i piedi da un sacerdote cattolico, un pò meravigliati di questo segno così umiliante. Al termine la preghiera: noi con il Padre Nostro, loro con la loro preghiera ma tutti rivolti al Dio Unico, salutandoci con un arrivederci.

 

Incontro Famigl...
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