Presentazione del Signore - Festa dell'Incontro

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DOMENICA 2 FEBBRAIO NELLA CELEBRAZIONE DELLA S. MESSA VESPERTINA DELLE ORE 18.00 CI SARA’ LA BENEDIZIONE DEI CERI CON LA PROCESSIONE.

 

 

 LETTURE: Ml 3,1-4; Sal 23; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40

 

La presentazione di Gesù al tempio è il mistero del Natale e dell’Epifania che si prolunga: ”il Natale vuole rimanere; esige un “dopo-Natale”. E’ una festa che da Gerusalemme, con il titolo di Ypapante (incontro), si è diffusa nelle Chiese d’Oriente e poi a Roma.

 

Quaranta giorni dopo il Natale, la Chiesa celebra il mistero di Gesù presentato al tempio da Maria e Giuseppe. Questo atto di obbedienza a un rito legale, in cui Maria, in ottemperanza alla legge, si recò al Tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù,per offrire il suo primogenito e compiere il rito legale della sua purificazione, al compimento del quale né Gesù né Maria erano tenuti, costituisce pure una lezione di umiltà, a coronamento dell'annuale meditazione sul grande mistero natalizio, in cui il Figlio di Dio e la sua divina Madre ci si presentano nella commovente ma mortificante cornice del presepio, vale a dire nell'estrema povertà dei baraccati, nella precaria esistenza degli sfollati e dei perseguitati, quindi degli esuli.

 

In questa occasione Gesù si sottomette alle prescrizioni della legge di Mosè. Ogni primogenito ebreo era il segno permanente e il memoriale quotidiano della «liberazione» dalla grande schiavitù: i primogeniti in Egitto erano stati risparmiati. Gesù, però, il Primogenito per eccellenza, non sarà «risparmiato», ma col suo sangue porterà la nuova e definitiva liberazione.L'offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua offerta sacrificale sulla croce.

 

Gesù entra in quel tempio che era stato costituito per attendere la sua venuta, ma viene accolto e riconosciuto solo da due anziani.

 

L'incontro del Signore con Simeone e Anna nel Tempio accentua l'aspetto sacrificale della celebrazione e la comunione personale di Maria col sacrificio di Cristo, poiché quaranta giorni dopo la sua divina maternità la profezia di Simeone le fa intravedere le prospettive della sua sofferenza: "Una spada ti trafiggerà l'anima": Maria, grazie alla sua intima unione con la persona di Cristo, viene associata al sacrificio del Figlio.

 

Maria «presenta» a Dio il figlio Gesù, glielo «offre». Ora, ogni offerta è una rinuncia.

 

Comincia il mistero della sofferenza di Maria, che raggiungerà il culmine ai piedi della croce. La croce è la spada che trapasserà la sua anima. Il gesto di Maria che «offre» si traduce in gesto liturgico in ogni nostra Eucaristia. Quando il pane e il vino - frutti della terra e del lavoro dell’uomo -  ci vengono ridonati come Corpo e Sangue di Cristo, anche noi siamo nella pace del Signore, poiché contempliamo la sua salvezza e viviamo nell’attesa della sua «venuta».

 

            Questa festa, detta in Oriente “festa dell’incontro” ci ricorda che ogni nostro recarci alla chiesa parrocchiale di domenica in domenica è un’occasione per incontrare Gesù. Estraniandoci dalla nostra comunità è rimanere lontani da Gesù, rifiutarsi di incontrarlo, di conoscerlo, di amarlo. Come Simeone, approfittiamo di questa festa per “prenderlo in braccio” e per farne la salvezza della nostra esistenza. Ma Gesù è nelle braccia di sua madre Maria. Ha detto Papa Francesco al santuario brasiliano dell’Aparecida:”La Chiesa, quando cerca Cristo bussa sempre alla casa della Madre e chiede:”Mostraci Gesù”. E’ dalle mani di Maria che noi potremo prendere Gesù nelle nostre braccia e più ancora nei nostri cuori. Per poi donarlo ai nostri cari, agli altri nostri amici!

 

Nella celebrazione di oggi i fedeli vanno incontro al Signore portando ceri accesi e cantano a lui insieme a Simeone che lo riconobbe come Cristo Signore. "I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti". Per ricordare il mistero di questo giorno, si compie la benedizione delle candele di cui si ha testimonianza già nel X secolo. Da questo significativo rito è derivato il nome popolare di festa della "candelora".

 

La candela dà tanta luce quanto più brucia e si consuma. Il sacrificio, guardato isolatamente, sembra negativo: ciò che si sacrifica si perde. Anche la cera che brucia svanisce. Ma si trasforma in luce. Cristo è luce del mondo per mezzo del suo sacrificio. E anche ogni nostro sacrificio, pur se piccolo ed esiguo, ha un gran valore e si trasforma in luce.

 

Come la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi a tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che é la vera luce.

 

            Anche noi dobbiamo ora camminare stringendo le fiaccole e correre portando le luci. Nessuno se ne sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola.Così indicheremo che a noi rifulse la luce, e rappresenteremo lo splendore divino di cui siamo messaggeri. Per questo corriamo tutti incontro a Dio. Ecco il significato del mistero odierno. La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo ( Gv 1,9) è venuta. Tutti dunque, ne siamo illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio. Ma avanziamo tutti raggianti e illuminati verso di lui. Riceviamo esultanti nell’animo, col vecchio Simeone, la luce sfolgorante ed eterna. Innalziamo canti di ringraziamento al Padre della luce, che mandò la luce vera, e dissipò ogni tenebra, e rese noi tutti luminosi. La salvezza di Dio, infatti, preparata dinanzi a tutti i popoli e manifestata a gloria di noi, nuovo Israele, grazie a lui, la vedemmo anche noi e subito fummo liberati dall’antica e tenebrosa colpa, appunto come Simeone, veduto il Cristo, fu sciolto dai legami della vita presente.

Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, è la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele.

 



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